Addio, Grande Pietro

La scomparsa di Pietro Mazzà lascia un vuoto in molte persone. Mi onoro di essere stato suo amico per oltre quaranta anni. Scompare un Grande uomo, ricco di dignità e principi forti e saldi. Le sue lotte contro le tante ingiustizie. La sua influenza nell’Ordine dei giornalisti di Roma e le sue capacità straordinarie di avvocato civilista.
Ho sentito un dolore immenso nell’apprendere che il mio più caro amico, Pietro Mazzà, è scomparso. Ha lasciato il mondo dei vivi, con tutte le sue pene e le difficoltà del vivere, come soleva dire lui stesso, per raggiungere quel “sonno della morte”, che scrive Foscolo, “non è meno duro” in un sepolcro.
Pietro mi manca. Molto. E mi onoro di essere stato suo amico.Lui è stato un grande. La sua perdita la sento, come la sentono molti altri. L’avevo conosciuto oltre quaranta anni fa e in questi momenti capisco bene che con lui vanno via tante di quelle cose in cui un uomo deve credere. Aveva principi forti e ben saldi e ha vissuto senza mai venir meno a essi; spesso, è riuscito anche a imporli. Non si tirava indietro davanti a nulla. Come don Chisciotte, gli piaceva combattere per contrastare le tante, troppe, diceva, ingiustizie della vita.
Con lui si perde anche un pezzo della storia del giornalismo moderno. E’ stato per qualche decennio legale dell’Ordine dei giornalisti di Roma, occasione per cui lo conobbi. Nel periodo trascorso all’Ordine ha lasciato la sua traccia, intervenendo spesso, con varie normative, di cui lui era maestro nel vero senso della parola, per arginare tante piccole elusioni delle norme, che da tempo si succedevano, e per migliorare la situazione dell’ordine e degli iscritti.
E’ stato uno dei migliori avvocati civilisti; se non il migliore. Ne sono certo perché ho avuto prova di questo. Gentile, affabile, simpatico, con un carattere forte e una dignità come pochi.
Non scendeva a compromessi di alcun genere, perché le sue scelte erano dettate dalla dignità e non dalla convenienza. Neanche le belle donne, che amava tanto e trattava con grande rispetto, cercando di esaudirne i desideri, sono riuscite mai a fargli venir meno il rigore morale e la dignità dell’uomo.
Anche se di fede politica diversa, ci trovavamo sempre, o quasi, in una comunità di idee. Eravamo d’accordo anche nelle valutazioni della politica e della vita in generale, pur essendo, lo ripeto, di ideali politici opposti. Nel suo agire era sostenuto da una rara intelligenza, da una rigida educazione e da una raffinatezza del porre le cose, che, unite al suo rigore morale, lo facevano emergere spesso. Soleva dire, a ragione, che lui poteva prender parte a qualsiasi discussione su qualsiasi tema, perché leggeva molto. Ed è vero. La sua cultura era sostanziale e non di quelle apparenti o false, tipiche dei nostri giorni.
Potrei dilungarmi e raccontare molte storie vissute insieme che evidenzierebbero il suo talento, non di rado geniale, che riusciva a far emergere anche nelle cose più insignificanti.
In primo piano, però, aveva i valori della famiglia, anche se in apparenza poteva sembrare il contrario. Perché, infatti, non amava parlarne con tutti. Ricordo che si dilungava spesso e con enfasi a raccontare i prodigi dei figli, delle nuore, dell’ex moglie e dei suoi adorati nipotini, Niccolò e Pietro. Certo, aveva anche difetti. E’ normale. Ma sono stati quasi insignificanti rispetto alle virtù e ai pregi. Pregi che lui sapeva di avere. Tanto, da fare spesso la prima donna. E, sapendolo, lo faceva con grande intelligenza e eleganza, quasi senza farlo trasparire.
Potrei dire molto altro, ma mi dilungherei in commenti positivi che lui avrebbe gradito e rifiutato al tempo stesso. Era schivo, infatti, dall’apparire perché si limitava sempre a farsi apprezzare solo quando esponeva le sue idee e il suo sapere.
Desidero aggiungere che molti, a torto, secondo me, lo ritenevano un ateo. Non sono d’accordo. Con lui abbiamo parlato spesso anche di fede religiosa. E se mai ha ammesso pubblicamente di esser cattolico, nei discorsi lasciava capire bene di credere nel Sovrannaturale, cioè in Dio. Terminata la sua vita terrena, Pietro è nel suo sepolcro, in un monumento, per dirla con Foscolo, “inutile ai morti, ma che giova ai vivi, a coloro che destano affetti virtuosi, lasciati in eredità dalle persone dabbene”. Ricordando Pietro, desidero citare ancora Foscolo, con parole che mi sembrano appropriate: ”Quantunque gli uomini di egregie virtù siano perseguitati vivendo e il tempo distrugge i loro monumenti, la memoria delle loro virtù e dei monumenti vive immortale”.
Sì, perché Pietro, amato e benvoluto da molti, come tutti i grandi, è stato anche odiato e invidiato. Ma questi ultimi, “infami”, non avranno mai un monumento che “infiammi la mente dei generosi”.
Pietro, invece, sarà ricordato per sempre e il suo operato sarà immortale.